L’idealismo: Fichter e Shellinger


 

L’Idealismo tedesco

Autori principali:

1.     Fichter;

2.     Schellinger;

3.     Hegel.

 

Fichter

Fu professore universitario.

Nacque povero e poté studiare grazie alla donazione di un amico del padre, ma grazie al suo brillante intelletto si fece un nome negli ambienti universitari, soprattutto studiando i testi di Kant, arrivando addirittura a scrivere un testo sulla filosofia di Kant, che venne considerato talmente geniale da arrivare a Kant stesso e che egli stesso disse che non avrebbe potuto fare di meglio, decidendo di pubblicarlo a suo nome (per aiutare Fichter, grazie alla sua fama).

L’intuizione geniale di Fichter, che venne dopo il successo, fu quella di portare all’estremo la filosofia di Kant, portandola ad inaugurare una nuova corrente filosofica, l’idealismo.

Il principio dell’idealismo è che non solo il modo di manifestarsi del mondo dipende dal soggetto, cioè dalla coscienza che lo percepisse, ma l’esistenza stessa dipende dalla coscienza.

La coscienza è la condizione necessaria dell’esistenza stessa.

Questa coscienza non va intesa come un soggetto (non è un soggetto), è un atto (un’azione), è un verbo, l’atto logico di essere coscienti (slegato dalla singola persona).

La coscienza fornisce l’esistenza al mondo.

Fichter organizza questo suo pensiero cardine attorno a tre principi:

1) l’io pone sé stesso;

2) l’io oppone a sé un non io;

3) l’io oppone nell’io ad un io divisibile un non io divisibile.

 

1) l’io è autoponente, poiché è principio non deve la propria esistenza a qualcun’altro;

2) l’io, come tutto ciò che esiste, si definisce grazie alla differenza da ciò che non è;

3) con questo principio passiamo da un piano puramente logico ad uno empirico, ovvero fa una distinzione tra i soggetti conoscenti, ovvero le persone, che possiedono una conoscenza empirica (io divisibile) che a questo punto diventa un io soggetto, e gli oggetti che non possiedono una coscienza (non io divisibile).

L’io fa tutto ciò nell’io (lo fa nel principio dell’esistenza stessa).

 

A questo punto Fichter può dirci che cosa sono la conoscenza e la morale (che derivano da questi tre principi) e che stanno nel mondo empirico.

Differenza tra coscienza e conoscenza: la coscienza è la condizione necessaria perché io possa ricevere la conoscenza.

Quindi la conoscenza di fatto, è l’azione del non io divisibile (oggetto, esempio di un libro) sull’io divisibile (persona).

La conoscenza è il portare qualcosa di esterno a noi al nostro interno.

Maggior conoscenza porta ad un ampliamento della nostra coscienza.

L’azione morale è esattamente l’opposto della conoscenza, ovvero l’azione dell’io sul non io.

È positiva quando si agisce secondo coscienza, ovvero quando la tua coscienza ti dice che quello che stai facendo è giusto.

Secondo Fichter, più l’uomo è veramente saggio, più elementi ha nella coscienza per agire secondo coscienza, ovvero secondo ciò che è giusto. 

Il saggio dunque, deve avere un ruolo guida nella società (simile alla Repubblica di Platone), deve assumere ruoli da guida nello stato, non per ottenere dei privilegi, bensì per offrire un servizio e deve fornire tre elementi alla società ovvero istruzione, lavoro e proprietà privata.

 

 

La morale è l’azione contraria alla conoscenza, ovvero se nella conoscenza è il non io ad agire sull’io, con la morale è l’io ad agire sul non io, ovvero è l’io che influenza il mondo esterno attraverso alla su azione.

Siamo passati da una filosofia ontologica (che studia l’essere delle cose, come le cose stanno) ad una filosofia epistemologica (una filosofia che si occupa di studiare la conoscenza) per arrivare ad una filosofia morale (intesa come azione).

La filosofia politica di Fichter:

Per Fichter deve garantire due cose, la libertà ed il lavoro.

La libertà permette alle persone di conoscere e dunque permette di essere sé stessi, il lavoro invece permette di agire, di svolgere un’azione morale.

 

Shellinger:

Shellinger muove questa critica al sistema di Fichter, ovvero che Fichter ha detto che la coscienza permette l’esistenza del mondo e che quindi tutto il mondo deriva dalla coscienza, ma che solamente l’essere umano la possiede rendendo tutto il resto.

Egli non è d’accordo che tutto il mondo derivi dalla coscienza, ma che poi nei fatti il mondo sia rigidamente diviso in coscienza=uomini e non coscienza=il resto del mondo, secondo lui se tutto deriva dalla coscienza, essa è presente in tutto.

Secondo Shellinger non esiste nel mondo una rigida e netta divisione tra coscienza e non coscienza. 

Shellinger sostiene che esistano dei gradi di conoscenza che si possono strutturare secondo una scala gerarchica.

L’uomo è al vertice di questa pramide, perché ne ha coscienza e può conoscere, ovvero può acquisire conoscenza.

Secondo shellinger esiste una conoscenza cieca, ovvero quando si hanno dei comportamenti del tutto logici, senza averne però consapevolezza.

 

Shellinger paragona il modo di prodursi il mondo dalla coscienza (il modo in cui il mondo esiste grazie alla coscienza, la presenza della coscienza del mondo) ad un artista che crea.

L’artista che crea, prende qualcosa che non è cosciente e la plasma imprimendovi la sua coscienza, l’artista mette dentro significati di cui egli stesso non è cosciente ovvero, quando l’opera d’arte s’incontra poi con una coscienza, rivela sempre nuovi significati.

Non c'è differenza nel dire che una cosa possiede un senso o se glielo metto io, poiché il senso si basa sulla coscienza.

In termini di coscienza che modifica una non coscienza che introduce elementi di coscienza cosciente e di coscienza non cosciente che entrando in contatto con una coscienza lascia emergere gli elementi di coscienza che contiene.

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